Dire che è piena è dir poco. Sono arrivati (finalmente) gli orari delle prossime due settimane. Sono da suicidio. Da una parte sono contenta di aver preso le ferie estive in questi giorni, perchè lavorare era impossibile. Dall'altra parte mi rode davvero tanto. Dovrò rinunciare alla tesi di una mia carissima amica, ad andare a trovarne un'altra incinta di sette mesi che ha bisogno di me, ma soprattutto dovrò rinunciare ad una settimana al mare che già avevo organizzato. Che palle! E così le mie ferie vanno riccamente a quel paese. Qualcuno mi dice che ne raccogliero i frutti, per il momento me li sto prendendo tutti in testa!
sabato 30 giugno 2007
domenica 24 giugno 2007
Popeye
Quando si sente stanco e pensa di non farcela, tira fuori le sue scatolette di verdure e sconfigge i nemici e tutti vissero felici e contenti.
Mi sento come Braccio di Ferro.
Ieri sera mi ha aiutato tanto parlare con te, avevo bisogno di qualcuno che mi capisse e che mi faceva un pò piangere sulla sua spalla. Ma soprattutto avevo bisogno degli "spinaci" e tu lo hai fatto. Quando sei un marinaio è importante avere un faro che ti aiuti a trovare la strada per il porto.
Grazie, ti voglio bene.
Mi sento come Braccio di Ferro.
Ieri sera mi ha aiutato tanto parlare con te, avevo bisogno di qualcuno che mi capisse e che mi faceva un pò piangere sulla sua spalla. Ma soprattutto avevo bisogno degli "spinaci" e tu lo hai fatto. Quando sei un marinaio è importante avere un faro che ti aiuti a trovare la strada per il porto.
Grazie, ti voglio bene.
venerdì 22 giugno 2007
Voglio lasciare tutto
Alla fine ho sbroccato, non ce la faccio più, hanno superato tutti i limiti possibili. Ancora che continuano a mettermela nel cu** e secondo loro devo aver ancora "pazienza". Bhè sta volta basta. L'ho terminata tutta. Sono due anni che continuo a fare la scimmietta che gira su TUTTI gli ambulatori di quello schifoso ospedale. Ogni giorno devo entrare in quel box, con la borsa in mano e aspettare la caposala che mi dice dove devo andare a lavorare in base ai problemi dei miei colleghi.... con figli... famiglia... ed altri vari ed eventuali. Quindi ogni mattina devo entrare in un servizio e ricordare gli "usi e costumi" di tutti gli altri. Ho sollevato ripetutamente la mia situazione di precarità che cominiciava a pesarmi. Ogni volta le stesse risposte, ma ogni volta le cose vanno diversamente. Sono arrivata ad un punto in cui ho cominciato a dare segni di intolleranza. Quando una mia collega è andata in maternità sono andata dalla caposala a chiedere una sistemazione un pò più decorosa. Poi arriva questa nuova, io ho due bambini piccoli ed in tre giorni ho girato tre ambulatori doversi. Ehi, gli dico io, sono due anni che giro su 27 stanze, adesso tocca a te! Alla caposala faccio le mie osservazioni del caso. Poi escono i turni di Luglio. E io sono ancora in giro e lei nel posto che avevo chiesto io. Ho urlato che non era giusto, ebbene la risposta è stata: "Silvia tu sei così brava, sai fare tutto..... e poi tu non hai nè figli nè famiglia, quindi resti così" Allora adesso lo urlo a piena voce MI SONO ROTTA I COG***ONI!!!!!! E' davvero assurdo come viene gestito il personale, una Laurea Specialistica in arrivo, titoli vari e pubblicazioni li posso usare solo in bagno al posto della Carta Igienica. E poi veder fare le "medicazioni avanzate" con il Cicatrene..... penso che ciò basti da solo. Sono arrivata al limite, la stanchezza ha preso il sopravvento. Giovedì sostengo l'ennesimo esame, al termine parlo con il professore e alla fine mi ha risposto "Signorina, secondo me lei è davvero sprecata!", non ne voglio proprio parlare. Nel frattempo oggi ho sostenuto un altro esame ed ho preso un altro 30. Sarà utile solamente a far crescere la carta del gabinetto. Altro che burn-out ..... e con questo concludo il mio sfogo.
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Lavoro
domenica 17 giugno 2007
Ma che CAZZO stai dicendo 3???
Pensavo che lo storia era finita e invece leggete un pò....
Se l'infermiere va al potere in corsia
LA FEDERAZIONE nazionale degli infermieri ha comprato ieri un'intera pagina del Corriere della sera per confutare ciò che avevo scritto sulla mia rubrica "Linea di confine" a proposito dei mutamenti avvenuti nella loro professione. ANCHE se è inconsueto ribattere a una pagina pubblicitaria, per di più di un altro quotidiano, la questione sollevata ci sembra di tale impatto per il futuro del servizio sanitario e per la cura dei pazienti da meritare un ulteriore approfondimento. Inoltre il tema rappresenta un vero e proprio test di quale deriva stravolgente possa innestare in un paese come il nostro la pulsione al corporativismo di categoria, di quanta incoscienza possano dar prova i ceti politici quando legiferano per assicurarsi consenso laddove la forza del numero fa premio su ogni logica coerente, di quanto in questo, come in tutti i settori pubblici, l'interesse degli addetti ai lavori finisca sovente per prevalere sui diritti e le attese degli utenti, col contributo delle rappresentanze di categoria, soprattutto quelle autonome dalle Confederazioni. Prima di entrare nel merito desidero ribattere a quanti hanno considerato irrisorie e sprezzanti alcune mie considerazioni che, pur non essendo uso a complimenti formali, ho sempre nutrito rispetto e stima, anche per tante esperienze personali, per quell'esercito di infermiere ed infermieri che lavorano con dedizione, capacità, spirito di sacrificio al servizio dei pazienti, spesso in condizioni disagevoli e sempre mal pagati. Sgombriamo, dunque, il campo da equivoci e risentimenti reciproci e veniamo al punto centrale che riassumerei in quel passaggio del paginone dell'Ipasvi dove si afferma giustamente che «l'integrazione professionale e il lavoro di squadra sono una necessità ineludibile per ogni organizzazione sanitaria moderna»; subito dopo, però, si precisa «che il ritorno a rigide gerarchie tra professioni non solo è anacronistico ma risponde a vecchie logiche di potere». Il dissenso nasce qui e si àncora ad un giudizio, più volte espresso, sugli effetti destabilizzanti e anche distruttivi di taluni (sottolineo «taluni», a scanso di generalizzazioni) aspetti della riforma universitaria e delle molteplici modifiche di quella sanitaria. In particolare l'introduzione del cosiddetto 3+2 e la moltiplicazione dissennata dei corsi di laurea (dovuta alla rincorsa corporativa accademica) ha creato, assieme a una miriade di cattedre, una miriade di nuove «professionalità» con titoli di laurea dottorale di prima e di seconda fascia. Nell'ambito sanitario, come mi informa il sottosegretario on. Patta (ds), ben 22 sono queste nuove scienze, che vanno dall'infermieristica all'igiene dentale, dagli addetti di laboratorio ai podologi, dagli psicologi agli assistenti sociali. Se ciò significasse che una serie di figure, già operanti da sempre nei nosocomi, sono messi in grado di certificare il raggiungimento di un più qualificato livello culturale e tecnologico e, di conseguenza, l'ottenimento di una più ampia autonomia operativa e di uno stipendio più decente, il passaggio sarebbe assolutamente positivo. Per contro la perplessità nasce, invece, quando si legge, nello scritto, sempre del sottosegretario, «che ogni operatore esercita la propria professione all'interno del proprio ambito operativo... mentre i medici restano titolari della diagnosi clinica (da non confondersi con la diagnosi infermieristica, ndr ), degli atti medico-chirurgici e della prescrizione della terapia farmacologica » . Questa suddivisione giuridica ha come ricasco che ogni categoria ha una sua progressione di carriera con propri primari del tutto indipendenti dai primari medici. Come immaginare che una siffatta frammentazione conduca ad un lavoro interdisciplinare armonico? Provano il contrario le numerose e-mail ricevute. Cito per tutti quello di una infermiera , laureata presso l'Università di Firenze, che mi spiega: «L'epoca in cui la caposala (oggi infermiere coordinatore) rispondeva al primario è ben lontana... l'infermiere è l'unico responsabile dell'assistenza infermieristica generale e non c'è medico che possa sindacare processi e pianificazioni assistenziali... la legge inoltre afferma come ci siano settori in cui si richiede che la dirigenza sia affidata all'infermiere... non esiste gerarchia tra infermieri e medici e il medico non avrà mai responsabilità per ciò che fa l'infermiere». Affermazioni anche psicologicamente significative. Non credo, però, che il problema vada affrontato sotto l'ottica dei rapporti di potere ma alla luce degli interessi del malato e dell'organizzazione ospedaliera, in particolare nelle corsie. Confesso che sono un partigiano della medicina olistica, quella, cioè, che prende in carico l'uomo nel suo assieme e non come somma delle sue varie parti. Per questo ho molti dubbi sugli eccessi di specializzazione anche in ambito medico ed invidio la pratica americana (basta guardare una delle tante fiction in materia) dove tutti gli specialisti si riuniscono attorno al malato ed assieme pervengono alla diagnosi e alla cura. In questo ambito il massimo di competenza specifica, compresa quella infermieristica, si sposa col massimo di collaborazione. Da noi non è certo così e, se è giusto puntare ad una pratica multidisciplinare e ad un lavoro di équipe, l'approccio che mette tutte le categorie sullo stesso piano, negando la necessità che in corsia esista, accanto a vasti ambiti di autonomia funzionale, qualcuno che per competenza scientifica ed esperienza sia in grado di prendere decisioni di ultima istanza valide per tutti, vuol dire gettare le premesse per dissidi corporativi, caotica disorganizzazione, prepotere sindacale istituzionalizzato. Ma non è tutto. In Italia ci sono 342.000 infermieri, teoricamente tutti sulla rampa di lancio per il diploma dottorale (oggi l'offerta formativa universitaria è di 13.000 posti l'anno). L'organico attuale risulta, peraltro, basso e l'attività in molti ospedali è intralciata dalla carenza infermieristica (doppi turni, liste di attesa, bassa utilizzazione delle strutture chirurgiche e diagnostiche). Il ricorso a cooperative di extra comunitari è diventato necessariamente massiccio . Ora, se un certo numero di infermieri laureati, esperti di bioetica, risk management, etnografia, oltre che di assistenza del paziente, è certamente prezioso, resta il quesito sulla contraddizione obbiettiva tra le nuove classifiche professionali di tutti i neo laureati (o riconosciuti tali ope legis ) e le necessità quotidiane dei pazienti e dell'organizzazione ospedaliera. Sarebbe ipocrita pensare che un dottore in scienze infermieristiche non abbia l'ambizione di svolgere, tranne casi eccezionali, un'attività ben più qualificata del pulire il paziente e soccorrerlo nelle sue diurne e notturne necessità. Vi saranno dunque una quota crescente di neo professionisti non vocati a coprire le attuali carenze ma destinati a dar vita a una categoria intermedia, di difficile e costosa collocazione. D'altra parte la carenza degli infermieri tradizionali sarà coperta, nel migliore dei casi, dalla assunzione di nuovi Opa (operatori tecnici dell'assistenza, come vengono chiamati gli ex portantini) e di nuovi Oss (operatori socio-sanitari, i vecchi infermieri generici) autorizzati a «toccare» il paziente. Così senza acquistare una Tac in più, tagliando le medicine, scaricando molti oneri sulle famiglie, la spesa sanitaria salirà ancora senza costrutto. I sostenitori di questa riforma sindacal-corporativa si rifanno volentieri alla realtà anglo sassone. Dell'America abbiamo già accennato. Quanto all'Inghilterra è vero che l'infermiere ha un ruolo indipendente ma l'esempio purtroppo non calza, almeno per noi. L'Inghilterra è la patria del servizio infermieristico. La faccia della signora Florence Nightingale l'hanno messa addirittura sulla banconota da 10 pounds e le hanno dedicato anche una bella statua di fronte al Big Ben. Ma negli ospedali di Sua Maestà il servizio infermieristico è rigidamente gerarchico. Gli infermieri, e infermiere, tutti rigorosamente in divisa e cappellino hanno addirittura i gradi sulle spalline esattamente come i militari (infatti il servizio iniziò come servizio assistenziale militare a seguito dell'esercito inglese e la Nightingale ogni mattina passava in rassegna le sue nurses) e nelle corsie degli ospedali inglesi chi comanda, cioè la caposala o sister, si riconosce subito (non come da noi dove non conta quasi più nulla) essendo tra l'altro dotata di una elegante divisa blu a pois bianchi. Negli ospedali inglesi, infine, la carriera infermieristica è regolata da precise regole e periodici concorsi. Se si passa l'esame si attacca un altro gallone sulle mostrine. Da noi il caporalmaggiore non si distingue dal generale; tanto a far carriera ci pensano le leggi con le relative sanatorie e i rapporti sindacali.
(La Repubblica - Mario Pirani- giovedì 17 maggio 2007 - pagina 1)
Sono andata in bagno a vomitare dopo aver letto questo articolo..... è fiato sprecato e anche il mio povero pranzo.......
(La Repubblica - Mario Pirani- giovedì 17 maggio 2007 - pagina 1)
Sono andata in bagno a vomitare dopo aver letto questo articolo..... è fiato sprecato e anche il mio povero pranzo.......
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Università
martedì 12 giugno 2007
Nuovo Look
E' un pò d'impatto e assolutamente diverso. I commenti sono stati univoci nel dire che è decisamente "molto radicale" e nel dirmi "il taglio è molto bello", sul colore il sondaggio è ancora aperto: "Fanno Schifo", "Sono davvero belli", "Mi devo abituare"..... è strano come posso suscitare commenti così diversi. Bhé anch'io mi ci devo abituare e, forse, questa volta ho esagerato!
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novità
domenica 10 giugno 2007
Odi et Amo
Odio il parrucchiere perchè si diverte a stimolarmi nel prendere decisioni piuttosto "radicali", mi spinge a fare degli esperimenti un pò estremi. Ho avuto una crisi isterica quando ho visto i miei capelli ridotti a pochi centrimetri e di un colore "platino" che sicuramente non avrei mai osato. Ma lo amo perchè quando mi guardo allo specchio vedo un'altra persona e mi piace questo nuovo look un pò "vistoso".
Odio mio cugino che mi promette un serena scampagnata sugli appennini laziali e poi mi ritrovo con gli scarponi, il bastone e lo zainetto sulle spalle che mi arrampico sulla cresta di una montagna. Ma lo amo perchè ho vissuto una domenica speciale e ho potuto vedere la regione che mi ha adottata sotto un'altra prospettiva.
Odio mio cugino che mi promette un serena scampagnata sugli appennini laziali e poi mi ritrovo con gli scarponi, il bastone e lo zainetto sulle spalle che mi arrampico sulla cresta di una montagna. Ma lo amo perchè ho vissuto una domenica speciale e ho potuto vedere la regione che mi ha adottata sotto un'altra prospettiva.
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Riflessioni
giovedì 7 giugno 2007
mercoledì 6 giugno 2007
Il leone in me è stanco
Sembra davvero difficile riuscire a fare tutto in solo 24 ore. Lunedì abbiamo avuto una discussione feroce con la Coordinatrice del mio "corso di laurea magistrale". Non si rende conto che per noi sarà praticamente impossibile sostenere i ritmi di lezione da lei imposti. Dobbiamo coprire un intero semestre di lezione in meno di 4 settimane. Soprattutto la discussione si è infuocata quando gli abbiamo fatto notare che in nessuna università d'Italia, chissà forse del mondo, a giugno e luglio si seguono lezioni. In finale il dibattitto è stato praticamente inutile e sterile, visto che non è cambiato nulla. Così mi trovo di fronte ad una programmazione delle lezioni estremamente densa, e dei turni di lavoro che sono completamente incompatibili.
La mia casa è trascurata, non ho nemmeno il tempo per fare la spesa, mangio solo schifezze varie, non riesco nemmeno ad andare al bancomat! Sono diversi giorni che mi sono ripromessa di fare delle telefonate e non ho il tempo materiale per farle.
Mossi da compassione, dopo una telefonata in lacrime, i miei genitori verranno a darmi una mano per qualche giorno. Come farei senza di loro?
La mia casa è trascurata, non ho nemmeno il tempo per fare la spesa, mangio solo schifezze varie, non riesco nemmeno ad andare al bancomat! Sono diversi giorni che mi sono ripromessa di fare delle telefonate e non ho il tempo materiale per farle.
Mossi da compassione, dopo una telefonata in lacrime, i miei genitori verranno a darmi una mano per qualche giorno. Come farei senza di loro?
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Università
domenica 3 giugno 2007
Tiro con l'arco
Ieri Giuliano mi chiama alle otto di mattina e mi dice di alzarmi (pure di fretta!) che saremmo andati a tirare con l'arco. Prendo tutto e vado con lui. Festa di Paese nei pressi di Roma, con tanto di corsa podistica, banda musicale e carne alla brace. Montano i paglioni e gli archi. Ne prendo uno in mano un pò preoccupata per la misera figura che avrei fatto. Prima freccia, fuori (non è stata più ritrovata!), seconda angolo in alto, terza in basso, poi comincio a prenderci. Ne ho tirate davvero tante, ad ogni freccia un nuovo consiglio, e ad ogni consiglio una freccia che si avvicinava al bersaglio. Tendere l'arco e scoccare la freccia dà una strana emozione, non riesco a spiegarla, ma è stato bello e speciale. Sono un gruppo di nuovi amici con cui mi trovo molto bene, anche se più grandi e con visioni politiche un pò "diverse" dalle mie; ma sicuramente tornerò a tirare con loro, sempre che vorranno passare il tempo a darmi retta e a cercare le frecce che faccio sparire!!!!
sabato 2 giugno 2007
Asia
Sono appena tornata dal battesimo di Asia, la figlia di Enrico e Giovanna. E' bella, tanto, ma soprattutto sono belli i suoi genitori, pieni di gioia nel cuore per questo splendido dono. Gli voglio molto bene e sono felice per loro, la loro storia la conosco si dall'inizio, fino al loro matrimonio. Poi le nostre strade si sono divise, ma un forte affetto ci lega. Enrico è stato il miglior collega di turno che potevo avere e che sicuramente non avrò mai più. Così come tutti gli amici che ho incontrato, Enzo e Ilaria con la loro splendida Andrea, e tanti altri. Laura, la caposala, con cui ero sempre ai ferri corti, ma con cui ho parlato serenamente anche dei miei problemi personali. Ma soprattutto i ricordi di quei giorni che sono ancora vivi dentro di me, come dimenticare Holter, le partire a racchettoni, Frù-Frù vittima dei nostri scherzi ed i finti pazienti..... ma ora le nostre vite e le nostre scelte ci hanno portato altrove e non si può più tornare indietro.
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venerdì 1 giugno 2007
Preti & Pedolifia
“Ai bambini appartiene il Regno dei cieli” è la parola di Gesù che propone proprio i bambini come modelli di vita per ogni cristiano: “se non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli”. Quanto siamo lontani da queste parole e dal rispetto verso i bambini che queste parole presuppongono: bambini resi schiavi, sfruttati, non rispettati nei loro diritti, bambini fatti oggetto di attenzioni e di violenze sessuali da parte di adulti. Una parola tradita doppiamente da chi quella Parola deve annunziare e testimoniare, dai pedofili, cioè, in abito talare che, approfittando del proprio ruolo all’interno delle parrocchie, dei seminari, delle scuole, usano violenza proprio contro i bambini “legittimi proprietari” del Regno di Dio.
Non trovo parole sufficienti per dire lo sdegno di fronte a tanta bruttura commessa da sacerdoti. Ma sono rimasta senza parole per il modo col quale il Vaticano cerca di risolvere il problema della pedofilia nel clero. Innanzitutto sono sconcertata perché ci si è occupati del problema solo quando si è dovuto mettere mano a santi portafogli e a sacri conti bancari, e quando l’immagine della Chiesa (e quindi le abbondanti offerte e i numerosi contributi dei fedeli che da quella immagine scaturiscono) ha rischiato di essere irrimediabilmente compromessa.
E poi provo sconcerto anche di fronte agli atteggiamenti che la Santa Sede si propone di assumere nei confronti dei preti accusati di pedofilia, atteggiamenti che si riassumono in quelle, cristianamente e umanamente infelici affermazioni che propongono “tolleranza zero” e “uno sbaglio e sei fuori”. I cristiani non possono ragionare così, tanto meno se vescovi e cardinali.
Non trovo parole sufficienti per dire lo sdegno di fronte a tanta bruttura commessa da sacerdoti. Ma sono rimasta senza parole per il modo col quale il Vaticano cerca di risolvere il problema della pedofilia nel clero. Innanzitutto sono sconcertata perché ci si è occupati del problema solo quando si è dovuto mettere mano a santi portafogli e a sacri conti bancari, e quando l’immagine della Chiesa (e quindi le abbondanti offerte e i numerosi contributi dei fedeli che da quella immagine scaturiscono) ha rischiato di essere irrimediabilmente compromessa.
E poi provo sconcerto anche di fronte agli atteggiamenti che la Santa Sede si propone di assumere nei confronti dei preti accusati di pedofilia, atteggiamenti che si riassumono in quelle, cristianamente e umanamente infelici affermazioni che propongono “tolleranza zero” e “uno sbaglio e sei fuori”. I cristiani non possono ragionare così, tanto meno se vescovi e cardinali.
Non sono un' esperta, ma penso che il problema pedofilia si debba cominciare a risolvere intervenendo sul “disprezzo” per la sessualità che spesso è diffuso tra il clero.
Ma di questo in Vaticano non si parla se non di sfuggita, per dovere d’ufficio e comunque, ipocritamente, senza provare a risolvere effettivamente il problema. Temo che non cambierà granché nella Chiesa: i preti pedofili continueranno indisturbati a fare vittime tra i bambini, casomai cercando di farlo con molta più attenzione, dopo il polverone alzato in seguito allo scandalo dei preti pedofili negli Stati Uniti e dopo quello più recente sollevato attorno al filmato della BBC. Sono certa che molti tra i preti accusati di pedofilia ora pagheranno ma, sono pronta a scommetterci, pagheranno i preti pedofili più sfigati, mai i “potenti”.
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